2019 - Record mondiale due
Mancano
ancora due ore, ma il colorito della Dani sta sbiancando; tra poco
comincerà a virare verso il verde, proprio come quello dell’incredibile
Hulk quando si incacchia e allora sarà meglio non parlarle più insieme.
Perché ci sia venuto in mente, a sessanta anni suonati, di dare la
caccia ad un altro record mondiale, francamente non lo so, o forse le
motivazioni sono troppe per poterle raccontare tutte quante.
Di sicuro c’è il fatto che da sempre stiamo cercando di aumentare la
popolarità del nostro sport, portandolo dove la gente ci possa vedere e
cercando di organizzare eventi avvincenti, ai quali il pubblico possa
appassionarsi.
E allora cosa c’è di meglio di un evento nel centro di una città, nel
salotto buono, all’ora dello struscio pre prandiale, quando la gente
cazzeggia in giro aspettando il fatidico “ho buttato la pasta”, che
rappresenta il fulcro della dieta mediterranea?
Cosa c’è di meglio di un eccellenza mondiale, che possa essere
presentata agli inconsapevoli spettatori, dicendo semplicemente “quella
ragazza là è la campionessa del mondo e adesso tenterà il record
mondiale sui mille metri”?
Cosa c’è di meglio di un evento che duri pochi minuti, su un percorso
breve, che consenta di essere guardato per intero senza che l’aperitivo
diventi tiepido nel bicchiere?
Di maratone immerse in improbabili percorsi celati nel folto della
natura, su terreni che rendevano impossibile chiamare Nordic Walking
l’attività praticata, o di eventi nei quali gli atleti scomparivano in
un bosco un minuto dopo la partenza, per riapparire ore e ore dopo, ne
ho visti troppi; spettatori zero o poco più, effetto promozionale zero,
diffusione della conoscenza del nostro sport meno ancora e meglio
stendere un velo pietoso sulle tecniche praticate nel bosco, lasciando
che fossero i puntali, che si conficcano in qualunque substrato
morbido, a garantire la tenuta del bastone, piuttosto che una sapiente
manipolazione dello stesso.
E allora eccoci qua; Dani è verde a puntino e spende i suoi ultimi
minuti prima dello start odiando il Direttore di Gara, (cioè me…),
perché si attarda a dare le ultime disposizioni ai giudici di gara,
preparati ad hoc per un evento che presto vedrà una velocità di
esecuzione del gesto tecnico valutabile solo da persone con una
preparazione eccellente.
Il teatro di gara è quanto di più bello si possa immaginare: il
lungomare liberty di Viareggio, affollato da migliaia di persone che si
godono il clima mite e un panorama mozzafiato.
Ieri abbiamo misurato con attenzione il tracciato, tra gli sguardi
incuriositi della gente impegnata nello shopping del sabato,
cominciando così a suscitare interesse per l’evento imminente e adesso
vediamo con soddisfazione che tante persone cominciano a fare ala
intorno al percorso.
Cerco di essere il più professionale che mi riesce quando annuncio, più
per il pubblico che non per l’atleta: “Daniela Basso, tentativo di
record mondiale, mille metri su strada: autorizzata allo start tra tre
minuti”.
Dani mi rifila uno sguardo tagliente come un rasoio, come a dire
“cacchio, ancora tre minuti”, ma devo lasciare tempo ai giudici e ai
loro assistenti affinché si posizionino lungo il percorso, pregando gli
ultimi ritardatari di lasciare strada libera all’evento.
Sento con soddisfazione un papà che chiama i propri figli, fin troppo
impegnati a rincorrere un pallone dicendo “venite, venite, che c’è la
campionessa del mondo”; questo è ciò che ci serve: l’interesse della
gente e della gioventù.
Pochi secondi… mi sembra che il tempo si dilati, sento la mia voce scandire il count down come al rallentatore e poi BANG.
Dani parte come un razzo, forte, troppo forte… madonna santa, come farà a mantenere questi ritmi per svariati minuti?
Diventa piccola e intanto i giudici cominciano la loro litania negli
auricolari: “Giudice 1 – passaggio regolare – Giudice 2 passaggio
regolare Giudice 3 – passaggio regolare…”
Poi arriva il grido in radio: “Boa regolare”; i primi 500 metri sono
andati; guardo il cronometro e il tempo fa letteralmente paura.
Dani inizia il suo rientro e so che si sarà tenuta qualcosa da spendere
per il finale; gli ultimi centocinquanta metri sono di mia competenza e
sono anche i più critici, perché sbagliare a quelle velocità, in vista
del traguardo, con la stanchezza nelle gambe e la fregola di finire è
questione di un attimo e sarei io a dovere castigare l’errore.
So che lo farei: una federazione mondiale riconosce nella mia persona
la capacità di essere responsabile di un evento unico al mondo,
ammettendo altri assistenti giudici a darmi supporto alla sola ed
inderogabile condizione che sia stato io a formarli come giudici di
gara ed a prepararli per questo peculiare evento, che vede
problematiche da gestire ben diverse da quelle di una gara.
Se ci saranno errori, la scure calerà inesorabile; questo è il minimo
che devo alla credibilità di questo sport e questo è il minimo che devo
a me stesso, non facendomi condizionare nel mio lavoro dagli affetti e
dalle amicizie; qua io sono “il cattivo” e chi sta in pista, per me è
solo un numero di gara che va valutato, nel bene e nel male.
La vedo arrivare e mi ripeto nella mente: “non mi importa chi tu sia;
in gara per me sei solo un numero e analizzerò il tuo gesto tecnico con
la stessa severità con la quale giudicherei l’azione di qualunque altro
atleta”.
Ma la Dani fila via bene e taglia il traguardo con un grugnito di
fatica e di soddisfazione; ha capito di avere fatto il tempo e tira
diritto per andare a cercarsi un angolo dove defaticarsi in
tranquillità.
Arrivano tutti gli altri giudici; mi porgono cartellini immacolati, a
testimonianza che non un passo fuori posto è venuto ad inficiare la
regolarità del chilometro lanciato della Dani.
Guardo con attenzione tutto quanto, poi scarabocchio un po’ di firme su
altrettanti pezzi di carta e finalmente congedo i giudici con il mio
classico saluto che conclude sempre le sessioni di gara: “Grazie,
Signori. Ottimo lavoro”.
E’ il momento dell’annuncio; chiamo la Dani, dandole del lei come
impone la situazione, perché per il pubblico io sono il Direttore di
Gara e lei l’atleta e darsi del tu sembrerebbe un atteggiamento da
partita di calcio tra scapoli e ammogliati.
“Signora Basso, si presenti alla Direzione di Gara”; Dani arriva in un
lampo mentre io mi piazzo nel mezzo del crocchio formato dai giudici e
dagli altri assistenti che hanno dato una mano lungo il tracciato e
leggo pomposamente il documento che reggo in mano, ormai debitamente
compilato, tenendo ben alto il tono della voce, affinché il numeroso
pubblico presente si renda conto di essere stato testimone di un evento
sportivo di massimo livello mondiale, che non capita di vedere ogni
giorno.
“Daniela Basso, tentativo di record mondiale mille metri su strada –
Viareggio, 29 settembre 2019; tempo cinque primi, cinquantotto secondi,
quattro centesimi.
Dichiaro ufficialmente stabilito il nuovo record mondiale.”
Scrosciano applausi, saltano fuori le bandiere tricolori e tanti
smartphones si alzano per immortalare in una immagine questo momento
storico.
Dani si rilassa e ricomincia a prendere il suo normale colorito, mentre
per me il lavoro non è ancora finito; timbri, firme, svariati moduli e
finalmente una mail per la richiesta ufficiale di omologazione.
Nonostante non sia neppure mezzogiorno, arriva in pochi minuti
dall’altra parte del mondo, probabilmente ancora immersa nell’oscurità
del primo mattino, una mail di risposta con una sola parola:
“congratulations”, a significare che tutto il materiale inviato è
conforme alle richieste ufficiali e che l’omologazione arriverà a breve.
Finalmente si può fare festa grande, visto che non c’è solo un nuovo
record da celebrare tra i risultati della giornata: il giudice di gara
Raffaella diventa l’unico a livello mondiale ad avere partecipato a due
tentativi di primato; inoltre, nella nostra squadra abbiamo ora
all’attivo due record, dato che quello sui 10.000 metri team, stabilito
da me e Dani nel 2016, regge all’assalto del tempo e della concorrenza.
E mentre finalmente ci concediamo il meritato pasto, qualcuno, con i
suoi tipici toni pacati, fa notare sottovoce che non è cosa da tutti i
giorni mangiare al tavolo con tre persone che, messe insieme, fanno due
record mondiali, un titolo mondiale, diversi ori in coppa del mondo,
diversi titoli europei, eccetera eccetera e quasi dimenticarsene,
perché alla fine ciò che unisce tutti è la passione e dove c’è passione
vera c’è tanta modestia e semplicità.
Una osservazione arguta e bene esemplificativa di ciò che sa essere il
meraviglioso mondo del Nordic Walking agonistico, quando non ci si
mette di mezzo il business e la voglia di prevalere senza il background
per riuscire a farlo.
Non lo sapevo, ma quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrei
incontrato quella persona dai toni garbati, che avrebbe improvvisamente
chiuso gli occhi per sempre poche settimane dopo, lasciando tanti
ricordi e tanto rimpianto dietro di sé.
Di quella giornata di grande soddisfazione sportiva porterò per sempre
alcuni flash: la cattiveria di Dani alla partenza, verde come Hulk, la
precisione di Raffaella, che mi fece misurare e rimisurare per non so
quante volte la virata alla boa, per evitare che anche un solo
centimetro fosse concesso all’atleta, onde non inficiare la validità
della prova e le parole pacate di un amico perduto, che racchiusero lo
spirito di ciò in cui cerco di trasformare da anni l’ambiente di questo
sport.
Quel giorno ebbi a che fare con i migliori; decisamente quel giorno fui un privilegiato.