Argento
agli Europei 2023
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L’equazione diventa sempre più difficile da risolvere…
Da un lato i
fattori noti: l’aumento vertiginoso del livello tecnico degli atleti di
fama e la altrettanto vertiginosa riduzione dell’età media dei
partecipanti.
Basti dire che, tra gli oltre trecento iscritti alle gare, oltre
settanta sono sotto i diciotto anni e un’altra trentina abbondante è
compresa tra i diciotto e i trentacinque.
Dall’altro lato le incognite: la nostra età che avanza impietosa, che
di incognite ne propone una quantità smisurata sotto forma di acciacchi
e di problematiche di vario genere, che chi condivide il bianco dei
capelli con chi scrive conosce benissimo.
L’unico fattore noto a nostro favore rimane il volere fare bene a tutti
i costi e il volere portare ancora una volta il tricolore su un podio
internazionale.
Almeno su questo i ragazzini ci fanno un baffo: noi siamo di un’altra
generazione, tosta, fatta di zucche dure, fatta di gente abituata a
lavorare sodo, a soffrire in silenzio e a sacrificarsi.
Ci vorrebbe un amico scomparso, che insegnava matematica all’università
e che sosteneva che tutto l’universo gira intorno a tre o quattro
equazioni peraltro non troppo complicate; lui una soluzione ce
l’avrebbe trovata in un attimo.
Però siamo qua, caparbi, con un’emozione che mette i brividi mentre il
tricolore, sventolato da Raffaella, nostro alfiere d’eccezione, sfila
nella cerimonia di apertura dei Campionati Europei di Nordic Walking,
indetti da International Nordic Walking Federation, col patrocinio
onorario del Ministero dello Sport e del Turismo polacco.
La cerimonia di apertura è un momento protocollare solenne, ma è anche
il ritrovo di vecchi e cari amici, che domani saranno nemici acerrimi
in pista, ma con i quali adesso prevale la gioia di rivedersi, di
abbracciarsi e di sentirsi dire “stiamo tutti bene”, soprattutto da
parte di coloro che, sono tanti, vivono in zone dove c’è la guerra o
nelle immediate vicinanze di paesi belligeranti e dei quali la magia
dei social, quando bene adoperati, ha concesso di avere notizie e di
mantenersi in contatto.
Nulla tuttavia vale un abbraccio dal vivo, uno sguardo sincero, una
robusta stretta di mano, una inflessione della voce che fa capire molto
di più di quanto non trapeli da una foto su Facebook e da una frase
tradotta in automatico.
Sale la bandiera sul pennone più alto, accompagnata dall’immancabile “marsz, marsz, Dąbrowski, z ziemi włoskiej
do Polski”, che risuonerà tante volte nel parterre europeo; il
Presidente INWA, finlandese, lascia il più masticabile inglese per
l’impossibile polacco quando dichiara aperti i Campionati Europei 2023.
Il team biancorosso, numerosissimo e patriottico oltre misura, lo
ripaga con un applauso scrosciante.
È gara… Raffaella va per la mezza maratona; abbiamo lavorato insieme
per un anno, superando ogni possibile ostacolo di salute, di vita, di
meteo impazzita e adesso siamo qua, lei a fare fatica e io a trepidare
ad ogni suo passaggio.
Ma Raffa sa il fatto suo e gira costante e stilosa: un anno di lavoro è
servito per ridurre ai minimi termini la fatica improba di 21.097 metri
da fare a palla, in modo che il passo numero ventitremilacinquecento,
tanti ne servono alla Raffa per coprire la distanza, sia la replica
precisa del passo numero uno, che deve essere la costruzione perfetta
di schemi motori provati e riprovati fino alla nausea, senza nulla
lasciare al caso, ben lontani dall’idea che il Nordic Walking sia una
passeggiata nella natura, uno sport facile o una attività leggera per
gli anzianotti, i malaticci, i dismessi dal running.
Queste convinzioni le lasciamo ai mediocri; noi abbiamo ben chiaro di
praticare uno sport grande, sport vero, sport duro, sport oltremodo
difficile e, in molte nazioni, sport agonistico di massima popolarità,
secondo solo al calcio, come testimoniano i molti atleti professionisti
presenti.
Presentiamo a questo europeo un puzzle biomeccanico adatto a pochi
grandi atleti e comprensibile da pochi grandi esperti; riscaldamento,
start, passo numero uno secondo uno schema motorio appositamente
disegnato intorno a quell’atleta, per quella distanza, per quel
terreno, per tenere testa a quegli avversari e per rendere al massimo a
quell’ora della giornata e poi copia e incolla, copia e incolla, CTRL
V, CTRL V, CTRL V per ventitremilacinquecento volte e il traguardo
eccolo là, col massimo risultato abbinato al minimo sforzo, con l’ATP
che si deve esaurire un metro dopo il traguardo, né prima, perché
sarebbe la fine, né dopo, perché portare l’energia oltre alla linea del
finish significa avere speso male le proprie risorse.
E la Raffa non si scompone fino al passo ventitremilacinquecentouno,
quello che la porta oltre lo striscione dell’arrivo, con gli occhi che
si velano dalla commozione quando un meraviglioso numero due di fianco
al suo nome appare sul maxischermo e le mette al collo la medaglia
d’argento.
Tocca a Daniela, alle prese con una annata di preparazione non
ottimale, ma con l’agonismo che le scorre nelle vene al posto del
sangue sin dalla prima infanzia.
E infatti timori, scaramanzie e titubanza scompaiono con il bang dello
starter e Dani è là che lotta come un leone in cima al gruppo;
cinquemila metri per lei, la disciplina più veloce, dove non si ha
tempo di recuperare l’errore, dove non ci si rilassa neppure per un
secondo e dove persino un rifornimento troppo lento può costarti la
classifica.
Neppure il tempo di pensare, attività peraltro energeticamente
svantaggiosa, che su una gara così breve non ci si può permettere.
Le manca solo l’hachimaki, la fascia col Sol Levante sulla fronte e poi
Dani sembra un kamikaze, volto a gloria o morte, per la vittoria finale
e per il Tenno.
Sarà guerra totale fino a pochi metri dalla fine contro una tostissima
polacca e, sul traguardo, solo otto secondi separeranno la Dani dal
gradino più alto del podio; per lei un argento che brilla comunque come
l’oro e, soprattutto, la certezza di esserci ancora e di potere dire
ancora la sua, come dimostrerà fin dal primo mattino dopo il rientro a
casa quando, all’alba, sarà di nuovo fuori ad allenarsi con rinnovato
impegno ed agonismo, in barba alla fatica e allo strapazzo del viaggio.
Vado io.
Conosco i miei limiti e sono conscio del rispetto che devo avere per il
mio fisico provato da alcune magagne che, almeno secondo il medico, non
dovrebbero permettermi di essere qua, con un pettorale attaccato alla
maglia, alla partenza di un Campionato Europeo.
Ma anch’io sono venuto su a pane e agonismo e fermarsi no, davvero no…
si lotta, si soffre ma si va.
Mi schiero al via con tutti i buoni propositi di questo mondo.
Dai, basta arrivare in fondo… dai, è già bello che siamo qua… dai, con
queste gare faranno sette mondiali e nove europei… dai, qualcuno deve
pur arrivare ultimo.
Ma c’è qualcosa in quella dannata pistola che impugna lo starter che
altera il mio metabolismo; lo sparo è peggio di un’endovena: parto e
arriverò settimo, contento e fregandomene di tutto quello che mi fa
male.
D’altra parte mi pare che in polacco “Campionato Europeo” e
“analgesico” si dicano alla stessa maniera.
C’è la quattro per cinquemila il giorno dopo; vuoi non farla?
Beh, essendo solo in tre italiani, visto che qua in rappresentanza del
Bel Paese ci siamo solo noi, sarà dura.
Ci viene incontro il Direttore di Gara, un grande, che ci autorizza ad
avere un team di nazionalità mista e, soprattutto, ci soccorre l’amico
polacco Miroslaw Kubiszyn, che si presta a fare il "quarto italiano" e,
per questa volta, indosserà con orgoglio la maglia azzurra e riderà
cercando di farci capire nella sua incomprensibile lingua quanto sia
divertente fare il “clandestino”.
Saremo settimi anche stavolta, dietro a diversi team composti dai
professionisti nord europei e dopo non avere neppure avuto il tempo di
provare i cambi, ma pensando solo a tirare come pazzi, perché nella
staffetta non sei solo, ma corri anche per altri tre che ti aspettano
trepidanti al traguardo.
Anche stavolta la parte agonistica è giunta al termine ed è il momento
delle cerimonie protocollari di premiazione; c’è gioia e affetto sotto
il palco, ci sono abbracci per tutti.
Siamo uno dei team più ricercati per l’immancabile fotografia insieme e
la cosa ci rende orgogliosi; Raffa letteralmente scompare nel selfie
tra due ragazzoni croati alti due metri.
Siamo ormai “diversamente giovani”, ma il mondo dell’agonismo
internazionale, quello vero, quello sano, ci riconosce come qualcuno
che ha contribuito in modo fondamentale a posare le pietre miliari di
quel Nordic Walking Agonistico ufficiale internazionale dove oggi si
muovono ragazzi che potrebbero essere tranquillamente nostri figli e
persino nipoti; la foto con noi è un modo per dire “anch’io li ho
conosciuti”.
Ed è guardando questa bella gioventù, sana, robusta e nel contempo
rispettosa che ancora una volta lasciamo il parterre di un evento
internazionale dove siamo stati bene, ci siamo sentiti accolti, persino
amati al di là dei risultati ottenuti, dove abbiamo visto che c’è un
bel domani per questo sport e pensando in cuor nostro che in quel
domani speriamo di esserci ancora.
E allora arrivederci alla prossima volta, con l’augurio di rivedere il
mondo in pace; la fratellanza, almeno quella dello sport, la mettiamo
noi.
Grazie a tutti.
Dziękuję bardzo Jedlińsk
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