È una bella giornata tiepida e non sembra neanche di essere in Polonia; tra poco si va.
Dani e Raffa tentano
l'impresa, partecipando a due gare consecutive a poco più di mezz'ora
l'una dall'altra, per cercare di avere classifica sia in Coppa Europa
che al Campionato Europeo 5000 metri; via un pettorale, su l'altro e si
riparte; una scelta coraggiosa, quasi temeraria, degna di due grandi
atlete. Chapeau bas per loro comunque vada.
Io invece gioco le mie carte
e tento la fortuna alla roulette di un europeo cinquemila affollato e
nervosetto già nelle premesse.
Il fattore campo è tutto contro: pubblico, avversari, giudici, tutto qua è biancorosso. Venderemo molto cara la pelle, rimembrando un nostalgico “boia chi molla”.
Raffa posa alla partenza
insieme allo statuario Christoph, un gigante austriaco che raggiunge i
duecentosei centimetri di statura, del quale ci domandiamo se abbia
pagato una quota di iscrizione doppia, o se questa foto ci autorizzi a
richiedere un rimborso parziale per la Raffa, che arriva si e no alle
ascelle dell’austriaco.
Per dovere di cronaca,
nonostante la gara maschile parta diversi minuti prima di quella
femminile, Raffa e i suoi centosessanta centimetri scarsi saranno
sufficienti, grazie alla tecnica sopraffina, ad andare a recuperare
Christoph, passarlo con un bel sorriso e distaccarlo senza problemi.
Daniela si gioca tutto in
questa gara, perché è ampiamente in testa nella classifica generale di
Europa Cup ed è quindi il pericolo numero uno e la sorvegliata speciale
da parte di tutte le altre; ci si aspetta un feroce gioco di squadra da
parte di tutto il team polacco, la cui atleta di punta non è ancora
matematicamente sconfitta e potrebbe, pertanto, soffiare ancora la
vittoria alla Dani.
Abbiamo discusso e ragionato
a lungo su questo argomento nel giorno precedente alla gara, per avere
chiara la tattica da usare e, alla fine, abbiamo risolutamente deciso
che la miglior difesa sia sempre l’attacco.
Daniela partirà sparata,
senza speculare sul vantaggio accumulato durante la stagione: se sarà
vittoria, sarà una grande vittoria e, se le cose andassero storte,
almeno ci avremo provato.
Detto fatto, Dani va via
decisa e, come previsto, due polacche si danno manforte per andarle
sotto; per un po’ il trenino delle atlete di testa viaggia serrato.
Dicono che a pensare male si
pecchi, ma spesso si indovini; siamo in pieno centro di una città
polacca, in una gara organizzata da polacchi, con giudici per lo più
polacchi e in Polonia il Nordic Walking è uno degli sport nazionali più
seguiti: una Europa Cup non passa inosservata né al pubblico, né alla
critica, né ai media e questa italiana che sta per soffiare l’alloro
alla beniamina di casa potrebbe non piacere a qualcuno.
L’italica diffidenza, che
spesso alligna in chi è abituato a vedere quotidianamente all’opera
l’arte di arrangiarsi, alimenta il mio sospetto che un “aiutino” da
parte della giuria possa arrivare all’atleta polacca di punta; Dani ha
già subito un warning verbale per un braccio che, a guardarlo con
calibro, goniometro e magari anche un comparatore ottico digitale,
forse non era più che perfettamente allineato.
Un semplice warning, per
carità: nessuna penalità cronometrica ma, se pure si deve ammettere che
in quell’attimo la Dani non fosse probabilmente compostissima e che, in
una gara dell’importanza di una finale di Europa Cup, sia lecito e
assolutamente logico pretendere la perfezione da parte degli atleti,
non avevo potuto non osservare che forse lo stesso rigore non era stato
osservato nei confronti di altre atlete, almeno a mio modestissimo
parere altrettanto scomposte.
Avrei capito, parlando con
un tecnico polacco a fine gara, che il problema era diametralmente
opposto; il giudice, probabilmente, aveva voluto mandare un messaggio
forte e chiaro alla Dani: “guarda che ti curo, ti devo curare più di
chiunque altra, perché sei la numero uno e nessuno mi perdonerà se
lasciassi correre anche la minima sbavatura”.
Allora non lo sapevo, ma un
anno dopo avrei usato io la stessa severità, una volta vestiti i panni
di Direttore di Gara in eventi agonistici che Dani avrebbe dominato a
mani basse, onde fugare da subito qualunque sospetto di indulgenza nei
suoi confronti.
Passa di nuovo il trenino di
testa; Dani scalpita e, dalla mia postazione a bordo pista, le urlo
come un forsennato di stare buona, di curare la tecnica, di non dare
adito ai giudici di inventarsi sanzioni, tanto la Europa Cup è quasi
cosa fatta; ma lei non è tipo da mezze misure, rompe gli indugi e se ne
va, incurante delle mie raccomandazioni e, al giro successivo, si
presenta sola in testa, andando a prendersi la gara e la Europa Cup
generale 2017.
A fugare i miei dubbi di una
possibile combine a favore dei biancorossi, scrosciano applausi da
parte dei giudici stessi e del numeroso pubblico presente, mentre la
stessa atleta polacca, ormai definitivamente relegata al secondo posto
in classifica generale, non avrà problemi ad ammettere davanti ai
media, con uno sportivissimo “she is number one”, che ha vinto la
migliore.
Raffa arriva sesta e questo le varrà un lusinghiero settimo posto in classifica generale Europa Cup.
Come pianificato, c’è solo
il tempo di cambiarsi le maglie sudate, perché sta per partire la
cinquemila metri, valevole quale prova unica di campionato europeo per
la disciplina più veloce del circuito agonistico internazionale.
I cinquemila metri sono
spesso considerati una distanza facile, breve e leggera ma, in realtà,
rappresentano la gara più dura e difficile in assoluto, perché i ritmi
sono elevatissimi, le possibilità di correggere errori sono
praticamente inesistenti e le eventuali crisi fisiche sono di difficile
gestione, non avendo il tempo di concedere al proprio organismo alcun
attimo di recupero.
Onore al merito a Dani e
Raffa che, con addosso la stanchezza della Europa Cup appena conclusa
non esitano, come dichiarato, a schierarsi al via; questa volta, in
gara ci sono anch’io.
Nonostante la fatica, Dani
andrà a prendersi una medaglia di bronzo, che sarebbe stato un oro
pieno se l’acido lattico appena accumulato non le avesse giocato un
brutto scherzo sotto forma di un crampo della muscolatura addominale,
che la costringe a rallentare.
Raffa giunge splendida
ottava, confermando le sue doti e persino io fermo il cronometro
all’ottavo rango, mantenendo i miei capelli bianchi all’interno
dell’olimpo dei Top Ten in Europa.
C’è un buffet all’aperto per
rifocillarci dopo tanta fatica, con l’immancabile Chlodnik, una zuppa
fredda a base di barbabietola, cetrioli e ravanelli, condita con kefir,
una bevanda a base di latte fermentato simile allo yogurt e servita con
spicchi di uova sode.
A essere sinceri,
questo caratteristico piatto polacco, dal particolare colore rosato, si
adatta molto bene ad un dopo gara, dove tutti hanno speso molto,
muscolarmente parlando: ha un gusto fresco, dissetante, è carico di
sali minerali e l’uovo ripristina velocemente le energie spese.
Però attacca a piovere a
dirotto e il Chlodnik, si allunga nella scodella; per dovere di
ospitalità trangugiamo la zuppa a grandi cucchiaiate e ci appostiamo
sotto il palco delle premiazioni.
Il sipario cala
sull’edizione 2017 della Europa Cup e rientriamo in albergo, portando
con noi tanta soddisfazione, cinque medaglie pesantissime e tre coppe;
adesso ci aspetta la sfida più dura: riuscire ad infilare tutta questa
ferramenta nelle valigie ed imbarcarle poi domani sul volo RyanAir…