Campionati mondiali 2024

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Pare un dato di fatto che quando andiamo in Finlandia debba per forza piovere.

Anche quest’anno, in cui i finnici hanno avuto l’estate del secolo con cieli tersi per tre mesi di fila, l’autunno ha inizio esattamente mentre il nostro aereo posa le ruote ad Helsinki, scatenando il diluvio.
E così, sotto il cielo plumbeo, raggiungiamo Lahti, sovrastata dalle inconfondibili silhouettes dei trampolini per il salto con gli sci che, assieme alle piste per lo sci di fondo, fanno di questa tranquilla cittadina un polo di rinomanza mondiale per gli amanti degli sport invernali.

Ad aspettarci ci sono atleti convenuti da quattro continenti e da decine e decine di nazioni: oltre a praticamente tutte i paesi europei, sono infatti rappresentate nazioni lontane come la Cina, il Giappone, il Sud Corea, Hong Kong, l’Australia, la Nuova Zelanda, il Canada, gli USA.

Le ragazze fremono per andare a fare ricognizione e subito scompaiono dietro la prima curva.
Tornano col muso: il percorso è durissimo e, messo subito da parte ogni altro programma, decidono di passare l’intera giornata sul circuito, per analizzarne a fondo ogni centimetro.
Un lavoro minuzioso e prezioso per la gara imminente, perché ora di sera avranno ben chiaro come, dove e quando attaccare e come, dove e quando vivere di conserva.

Muoio per l’emozione quando, durante la cerimonia protocollare di apertura, mi viene concesso l’onore di guidare la delegazione italiana lungo la sfilata delle squadre.
Un intero giro di pista dello stadio del Lahti Sports Center, che assaporo passo dopo passo e che mi ripaga abbondantemente del rammarico di non potere gareggiare.
Discorsi delle autorità, applausi, inni nazionali e poi un “I declare 2024 World Championship officially open”, ripetuto in inglese e finlandese, fa capire a tutti che il momento dei sorrisi, delle strette di mano e degli abbracci è passato e che da qua si fa sul serio.

Va via subito la cinquemila metri sotto la pioggia scrosciante; stare al traguardo ad aspettare che i tuoi atleti arrivino sfinisce più che essere in pista ma, quando vedo arrivare una sagoma azzurra, che si muove con l’inconfondibile stile della Dani, il cuore mi salta in gola.
Ancora una volta, come spesso accade nelle occasioni che contano, lei ha tirato fuori una grinta pazzesca e, ancora una volta, la terza volta per lei, il titolo di Campionessa del mondo è suo.

Sono incredulo del tempo che vedo segnato sul cronometro e le dico: “Ma come hai fatto?”
“Cavolo ne so…” mi risponde, conscia di avere fatto il colpaccio.

Pochi attimi e arriva Raffa, sparata e stilosa…
Mugugna un po’ capendo che il podio è sfilato via d’un soffio e che, nonostante il quarto posto ad un mondiale sia comunque un indubbio segno di eccellenza, si deve accontentare della medaglia di legno.

Le serviranno alcune ore per comprendere che, al di là della classifica, il risultato cronometrico è di enorme valore e che il lavoro certosino che stiamo svolgendo per trasformare una solida mezza maratoneta in una scattante velocista sta cominciando a dare frutto.

La Finlandia dà il meglio di sé stessa per tutta la notte, riversando acqua a catinelle, tuoni e fulmini.
Il mattino dopo filiamo in silenzio verso lo stadio.

Un’insperata tregua del maltempo consente un regolare svolgimento della diecimila; abbiamo meno ambizioni per questa gara, perché le nostre carte erano puntate sulla cinque, ma si va, con la volontà di vendere cara la pelle.

Ela, la vincitrice polacca, dà l’ennesima prova di uno strapotere che lascia a bocca aperta.
È incredibile vedere una ragazza mite, gentile ed oltremodo timida fuori dalla pista, trasformarsi in una macchina da guerra invincibile appena lo starter dà il via; ci chiederà una foto dopo la gara: da una simile persona, carica di allori, questo è un vero attestato di stima.

Dani fa quello che sa fare e porta a casa un bellissimo argento, che tinge il suo campionato mondiale con i colori di un vero capolavoro.
Salta sul podio col tricolore in mano mentre gli amici della Lettonia urlano a squarciagola “Italy, Italy” e sorride felice a trentadue denti.
Due terzi del medagliere italiano li ha conquistati lei.
Scusate se è poco.

Anche Giuseppe va a prendersi un bel bronzo, dopo avere ricevuto lodi da parte di diversi giudici per la meravigliosa tecnica dimostrata.
È la tecnica che da sempre insegna Nordic Walking Como che, anche quando viene confrontata con quella dei migliori atleti di tutto il mondo, fa stupire allenatori e giudici per la perfezione biomeccanica e stilistica.
Giuseppe grida commosso “Italia”, mentre il parterre viene giù per gli applausi e poi, sceso dal podio, mi dice che quelle lodi per lui valgono più della medaglia.

Ho sempre lavorato “in direzione ostinata e contraria”, come diceva il grande Faber, ma ogni tanto il mondo capisce che quella è la direzione giusta.
Quasi tutto il mondo… il resto non conta.

Arriva ancora un quarto posto per Raffa, che ringhia come un toro incacchiato davanti alla muleta del matador, perché due quarti posti in meno di ventiquattro ore sono duri da digerire, quando l’agonismo scorre nel sangue assieme all’emoglobina.

Ci vorrà qualche giorno per lasciarla decantare, per riuscire ad analizzare a freddo la prestazione, per capire che è stato comunque un successo perché, a parte il podio, Raffa ha lasciato il mondo dietro di sé e i riscontri cronometrici sono in netto miglioramento.
La vedrò presto, nuovamente sorridente, contribuire in maniera sostanziosa al budget dei venditori di souvenir a Kauppatori, la piazza del mercato di Helsinki, felice come una bimba di portarsi un pezzetto di Finlandia a casa e col proposito di ritornare presto più agguerrita di prima.

La cerimonia di chiusura di un evento mondiale è un misto di gioia per i risultati ottenuti, malinconia perché tutto è già finito, fratellanza tra vincitori e vinti, tra atleti di mille nazionalità che, rilassati dopo lo sforzo agonistico, possono permettersi di stare insieme da vecchi amici, di mescolarsi tra loro senza bandiera e senza differenze linguistiche.
Ci si lascia con l’augurio che questo pazzo mondo ci permetta di rivederci il prossimo anno e molti volti diventano cupi pronunciando queste parole.

Se i governanti del mondo, invece di pensare alle loro beghe e alle loro bombe, guardassero un po’ di più al mondo dello sport, non quello patinato e miliardario, ma quello vero, fatto di fatica e sacrificio, dove i soldi non girano, non potrebbero non capire quanto poco interessino alle persone vere le barriere e le nazionalità.

Se vedessero come si relazionano tranquilli, come si scambiano il sudore nell’abbraccio post gara atleti vestiti con casacche di nazioni che tra loro non si amano, il mondo vivrebbe in pace.
La fatica, il sacrificio, il sudore, la vittoria, la sconfitta non hanno barriere politiche e le lingue non sono un ostacolo quando ci si vuole capire.

Invece di fare le vostre passerelle chic sugli spalti dei mondiali di calcio, o degli altri eventi sportivi “che contano”, mentre intanto pensate contro chi usare le vostre bombe, venite ai mondiali di Nordic Walking e provate a fare un po’ di fatica anche voi.
Tanta, tanta, tanta fatica.

Allora capirete che, stanchi e sudati, si vedono le cose diversamente e capirete dove sta, come vive e cosa chiede la gente vera, non il palazzo.

E solo allora avremo la pace.



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